venerdì 19 settembre 2008

Lezioni di gastronomia Leopardiana

In barba a chi immagina Giacomo Leopardi pervaso di "classicità e amarezza" e completamente immerso nelle "sudate carte", oggi abbiamo le prove che il poeta amava gustare prelibatezze realizzate con cura e mani sapienti.
Un elenco di 49 piatti la cui lista è conservata, insieme alle Carte del poeta, alla Biblioteca Nazionale di Napoli, città dove Giacomo Leopardi giunse nell'autunno del 1833.
Un ritaglio di carta avorio, lungo e sottile, dove la scrittura minuta e precisa, chiara ed elegante di Giacomo Leopardi si staglia netta, perdendosi nei toni dell’inchiostro bruno; un appunto, un promemoria, una traccia di un desiderio esaudito: bignè, fiori di zucca fritti, polpettone, cibi dimenticati e letti solo da pochi fortunati bibliofili.
Oggi tutto questo è un libro, "Leopardi a tavola" di Domenico Pasquariello "Dègo" e Antonio Tubelli edito da Fausto Lupetti Editore.
Lui che, secondo i suoi scritti, ricercava l'armonia perfetta tra cibo, ambiente e situazione, deliziava il suo palato con specialità che abbracciavano l'intera penisola, dalla Sicilia alla Liguria, passando per Marche, Lazio e Campania. Buona lettura e buon appetito!


2 commenti:

Flavio Villani ha detto...

E il Salento?
A Leopardi piaceva la cucina salentina???

elisabetta ha detto...

mah..chi lo sa!
comunque se è vero come sembra che fosse una buona forchetta non avrebbe resistito a un buon piatto "de sagne 'ncannulate cullu pummidoru friscu, o pezzetti allu sugu, oppuru pasta culli rizzi de mare o maccarruni e ricchie fatti 'casa"....